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Quali ruoli della donna nella pubblicità?

La presenza del corpo femminile ha da sempre accompagnato le pubblicità sia on-line sia off-line, basterà dare un occhio ai poster pubblicitari e agli annunci stampa del passato passando per i messaggi veicolati dai mezzi di comunicazione di massa fino all’era digitale e di internet. Cominciamo insieme!

In questo articolo viaggiamo a ritroso nel tempo: iniziamo ad osservare con occhio critico alcune pubblicità degli anni ’20 del nostro ‘900 fino alle più recenti, per tirar fuori gli stereotipi e le rappresentazioni fittizie veicolate (clicca qui per vedere le pubblicità anni ’50, troverai davvero di tutto!) .

Perchè le pubblicità usano gli stereotipi?

Per semplificare un messaggio, magari complesso, in uno spazio e in un tempo ridotto. Si tratta di strategie cognitive che servono a semplificare la realtà che per ovvi motivi è molto più complessa di quello che possiamo percepire. A maggior ragione un messaggio istantaneo come quello della pubblicità ha necessità di attivare l’attenzione con stratagemmi che sono più idonei per il nostro cervello!

 

Dal 1920 un elegante invito a bere un Campari.

 

 

I costumi dell’epoca ci offrono un’immagine candida della donna che si mostra nel ritratto durante un’azione, quella del bere uno “storico” liquore Campari. Non ci sono particolari inviti scritti ma solo la marca e il luogo caratteristico di produzione. Un invito “cordiale” in cui la donna appare protagonista del messaggio, con un rimando forte alla femminilità,  seppur connnotato da garbo e discrezione. Inizierà più tardi, in Italia negli anni ’70, il viaggio della donna che diventerà soggetto e al contempo oggetto del consumismo.

 

Gli anni ’50: ritratti di donna.

 

Una promessa di azione salvifica, ecco la donna “suora“, che somiglia a una crocerossina se non fosse per la mancanza della caratteristica croce rossa sulla divisa. La donna mostra la pastiglia, quasi miracolosa, che permetterà di sconfiggere la tosse, finalmente. Una santa alleata che allevierà sofferenze tracheali e/o bronchiali. Simpatico il gioco di parole in rima finale, che aiuta ad una maggiore memorizzazione il destinatario del marchio.

 

Marcello Dudovich, “Paneraj Lozenges”, 1953, Salce Collection

 

Madri maestre e bambini degli anni ’60.

 

Buitoni – Museo del Marchio Italiano (1960)

 

Per questo periodo storico ho scelto un’immagine che racchiude addirittura due personaggi femminili, la maestra, in questo caso di una scuola elementare, e la madre della quale appaiono solo le mani che mostrano il prodotto. I risultati del mangiare bene, associato alla marca, sono evidenti negli sguardi felici di tutti: bambini, maestra e se potesse anche la lavagna sorriderebbe! (Non si vede ma scommetterei che sorrida anche la mamma-cuoca di cui vediamo solo le mani.) A  parte gli scherzi, la promessa che appare nella frase in didascalia sembra voler comunicare un immaginario di benessere, andando a interessare quelle formazioni sociali, quali scuola e famiglia unite dal prodotto presentato: tutte mirano alla “buona salute”. Le affermazioni e i testi scritti cominciano ad avere più spazio rispetto ai precedenti periodi per mettere in evidenza i valori che il marchio vuole esprimere.

 

Nel 1970: la merce e la donna.

 

fonte FoxLite

Le trasformazioni nei costumi della società si riflettono nello stile delle pubblicità: maggior disinibizione, cadutà dei tabù sessuali che rispediscono nell’oblio le precedenti rappresentazioni del femminile. Un esempio lampante è quello della birra Peroni: la stessa affermazione scritta, posta in alto e rivolta ad un pubblico maschile, suggerisce l’identificazione della donna bella, seducente e maliziosa con il prodotto stesso, abbracciato e quasi tutt’uno con l’ attrice nella fotografia.

Proprio in questi anni inizia quel processo di commercializzazione  del corpo della donna posto in essere anche in frammenti. Non solo un corpo intero mostrato nella sua interezza ma anche solamente particolari di quel corpo, che spesso si abbinano a prodotti con cui nulla hanno a che vedere. Ma poi avrà (e ha) inciso davvero sull’acquisto questa modalità di utilizzo della donna?

 

Anni ’80 e ’90 dalle donne in carriera alle donne moderne.

 

La situazione ritrova un certo equilibrio nella rappresentazione della donna in campo pubblicitario. Dallo stereotipo di moglie, madre, casalinga affiancato a quello della donna seducente e provocante si insinuano nuove pubblicità che ancora una volta propongono “modelli femminili” stereotipati. Il lavoro e l’indipendenza vengono mostrati nei volti e nelle movenze delle attrici che rappresentano e veicolano una merce simbolica oltre che materiale.

Gia Carangi for Giorgio Armani, 1980

 

E dal 2000 ad oggi?

 

 

Continua la carrellata di stereotipi, donna casalinga (soprattutto i detersivi e i prodotti per la casa vedono puntualmente sempre donne in prima linea!) donna seducente, donna provocante, donna lavoratrice, donna mamma, donna moglie e via dicendo. I limiti a volte sono stati ampiamente superati, magari semplicemente pensando che comunque il corpo di una donna sia bello esteticamente da guardare e dunque appetibile per il mercato. Anche l’ironia spesso ha accompagnato le pubblicità. Ma forse potrebbe anche rispecchiare il pensiero medio delle persone e quindi raggiungere più utenti facilmente.

 

La nudità comincia dal viso, l’oscenità con la parola.

Simone De Beauvoir(1908 -1986)

 

  1. Puntare sull’offerta di altri ruoli e modelli del corpo femminile potrebbe risultare un originale scelta così come ci è avvenuto di osservare  nel caso della campagna Dove firmata da Ogilvy & Mather in cui per la prima volta il modello di corpo non è più quello perfetto, ma umano e vicino alle consumatrici. Credo ci sia rimasta impressa proprio giocando ironicamente sugli stereotipi tanto usati nel passato, questa pubblicità rivolta ad un pubblico femminile “Testata su curve reali”, assicurano.

Che idea ti sei fatto/a della pubblicità e del ruolo della donna nel corso del tempo? COMMENTA, SCRIVI, FATTI SENTIRE!

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